Colorthinking
Elias, grazie all’accademia e i suoi professori, ha sviluppato un distinto pensiero artistico che si riflette nelle sue opere in cui cerca di educare e sensibilizzare la visione dello spettatore che le ammira.
PARLAMI DI TE
-Allora, raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei?
Mi chiamo Elias Bertoldo. Vengo da Malo, un paese dell’ Alto Vicentino. Sono felice di aver trascorso la mia infanzia e adolescenza lì, perché in qualche modo il tempo nel mio paese scorre più lentamente, le persone e gli amici sono sempre gli stessi e il paesaggio è molto caratterizzante. Ho avuto fin da piccolo, grazie a mio padre, un rapporto stretto con la montagna e credo che essa abbia molto influito sulla persona che sono adesso. Educandomi al silenzio, all’osservazione e all’ascolto, mi ha portato a vedere certe cose della vita con distacco, a disinteressarmi del superfluo.
-Quanti anni hai? Ti rispecchi in questo numero o ti senti di una differente età?
Ho 24 anni, a Novembre 25. Mi sento più vecchio, ma non riesco a misurare l’età interna in numeri.
-Se dovessi usare solo tre parole per descriverti, quali useresti, e come mai?
Analitico, perché tendo sempre mentalmente a semplificare, a separare in componenti fondamentali i concetti, le situazioni, gli oggetti d’arte. Tenace, perché perseguo con serietà e fermezza gli obiettivi che mi prefisso di volta in volta, finché non li raggiungo. Nostalgico, forse, perché spesso desidero vivere in un tempo indefinito nel passato.
-Cosa fai nella vita?
Da sempre ho praticato la pittura e, dal 2015, ho cominciato ad occuparmi anche di fotografia professionale, cominciando a fotografare opere d’arte. Sono molto dedito al lavoro e spendo gran parte del mio tempo ad approfondire le due discipline, cercandovi insistentemente delle connessioni e nuovi impieghi nella costruzione delle mie opere. Faccio mille altre cose nel mezzo, peraltro interminabili, per comunicare, valorizzare, esporre e conservare i miei dipinti, così come per permettermi di continuare a produrre arte.
INTERESSI
Parliamo un po’ di interessi personali, qual è il tuo genere musicale preferito? C’è un film che secondo te tutti dovrebbero vedere?
Ammetto di non essere un grande conoscitore della musica e, al contrario di molti miei coetanei, non sono sempre alla ricerca di nuovi pezzi o generi. Tendenzialmente sono sul rock, ma dipende veramente dai momenti. Per i film non saprei.
-Che tipo di arte preferisci? (da andare a vedere, fotografia, pittura, antica moderna contemporanea etc.) C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto?
Per quel che riguarda la pittura, amo perdermi nelle complesse logicità con cui le immagini sono costruite. Mi piace individuare la genesi dei dipinti e ripercorrere il loro svilupparsi progressivo fino agli ultimi tocchi di pennello, apprezzando l’intelligenza con cui l’artista ha saputo modellare il medium. Quello che ammiro è anche la capacità dell’autore di risolvere problemi complessi (ad esempio un paesaggio, un drappeggio, una figura) tramite un numero ridotto di risorse (tre, quattro, cinque colori). Detto questo, preferisco la pittura “antica” e “moderna”, perché è quella più uniformemente contraddistinta da una solida intelligenza costruttiva. Questo non esclude in alcun modo che ci siano degli artisti contemporanei che mi piacciano molto. Direi che per me non c’è un artista assoluto, ma diversi molto forti. Cerco sempre di captare quelle che secondo me sono le migliori qualità di ognuno e imparare dalla sua lezione.
-Hai interessi al di fuori del mondo artistico?
Da anni l’interesse per l’arte e in genere il mondo dell’immagine ha prevalso un po’ su tutto. Comunque, qualsiasi cosa io faccia, anche se apparentemente sembra trovarsi anni luce di distanza dall’arte, converge nel mio lavoro. Tutto infine entra a far parte di me, e la mia pittura sono io.
ARTE
-Parlando della tua passione per l’arte, ci sarà stato un evento scatenante o un qualcosa che ti ha portato ad avvicinarti, e a scegliere questo tipo di carriera; ti ricordi il momento in cui hai iniziato ad approcciarti con la tua forma artistica? Cosa ti ha colpito così tanto da farla diventare il tuo principale metodo di espressione?
Fin da piccolo sono stato incollato ai pastelli, la passione era praticamente innata. È stato un percorso naturale, per me, scegliere di frequentare il liceo artistico e successivamente l’accademia. Tutto ciò che di pittorico si presentava sotto i miei occhi mi infervorava e mi dava ispirazione. Ancora adesso, osservare buona pittura accende la mia voglia di dipingere.
-C’è qualcosa da cui prendi ispirazione per i tuoi progetti artistici non lavorativi?
Alla creazione di un’opera concorre la totalità del mio essere. Perciò tutto, dai sensi alle mie conoscenze, è sorgente. Ciò nonostante, gli elementi forse più evidenti nella mio lavoro, che ne costituiscono sia l’origine quanto il prodotto,sono la pittura stessa, la disseminazione di fonti luminose tipica del nostro tempo, le interfacce dei computer e simili.
-Quale artista usi come modello di riferimento?
Non uno ma tanti. Quando progetto ed eseguo un’opera tengo sempre presente la lezione di ogni pittore. Rievoco spontaneamente, durante il fare, dettagli di pittura vista in qualche momento della mia vita. Sono visioni che possono emergere prima o dopo l’atto concreto del dipingere, e quindi essere ispirazione o effetto. Tengo molto conto delle riflessioni e dei risultati della pittura italiana dagli anni Settanta a oggi.
-Hai fatto un percorso all’accademia di belle arti; come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovato? Immaginiamo che questo percorso ti abbia lasciato qualcosa, degli strumenti di lavoro che utilizzi o delleinfluenze particolari.
L’accademia di Brera è stata fondamentale. Essendo un’arteria principale della giovane arte in Italia ha accelerato esponenzialmente le possibilità di incontro e confronto con altri artisti, sia studenti che docenti. Nel tempo ho percepito naturalmente delle affinità con alcuni individui piuttosto che altri e ho costruito diversi rapporti basati sulla stima reciproca e condivisione di ideali. Poi, conoscere le persone a cui mi sono spontaneamente avvicinato e le ragioni per cui l’ho fatto mi ha molto aiutato a identificare chi sono e che cosa voglio, sul piano artistico.
Complessivamente mi sono trovato bene, a parte il primo anno un po’ allo sbando. Come per tanti, l’accademia è disorientante e bisogna capire (ed è difficile) quando lasciarsi modellare dalle idee degli altri e quando farsi roccia irremovibile. Sono però contento di aver individuato presto le figure che avrei seguito tutti gli anni fino alla fine del percorso di studi. I maestri diretti che ho avuto e che mi hanno influenzato di più nel mio lavoro sono: primo fra tutti Ignazio Gadaleta, che fra innumerevoli altre cose mi ha insegnato a guardare, poi Cosmo Laera e Tetsuro Shimizu. Ognuno di loro mi ha lasciato qualcosa, anche solo qualche metodo, consiglio, opinione, che in me si è ulteriormente evoluta e ha trovato concretizzazione.
-Per cosa sei conosciuto?
Per il mio lavoro, mi auguro.
-Perché fai quello che fai?
Perchè dà senso e unicità alla mia vita. Senza la pittura mi sentirei come uno dei tanti milioni. Dipingere è per me la ricerca della mia individualità, in quanto dipingendo do espressione materiale alla mia diversità. È un modo per ribadire che sono diverso dagli altri, che possiedo una scintilla di originalità in un mondo peraltro governato da mode popolari e da una certa inconsistenza culturale. Poi dipingere mi è sempre piaciuto, il mestiere ha un fascino quasi alchemico, il tempo durante la pittura si distende e tutto si riduce ad una relazione fondamentale: il rapporto silenzioso con la tela.
LAVORO
-Nel tuo lavoro, da cosa prendi ispirazione?
È come dicevo prima: le sorgenti sono molteplici.
-Ci racconteresti il tuo processo per arrivare a un’opera conclusa: parti da un concept, fai della ricerca specifica, o ti lasci trasportare dalle tue sensazioni?
Quando il lavoro è commissionato ci sono solitamente delle esigenze comunicative specifiche da rispettare. Quando l’opera deve attenersi ad un tema non può sorgere da puro istinto. In questi casi faccio spesso molta ricerca. Comunque, il mio lavoro si compone per tre quarti di costruzione analitica, mentre l’ispirazione occupa il resto. Le due fasi in cui la mia immaginatività è più forte sono: al momento della concezione, quando l’immagine appare nella mia mente, e verso le ultime sessioni di lavoro, dove il quadro è già ben impostato e qualunque pennellata venga apposta brilla. Tuttavia, durante la pratica diparto inevitabilmente dalle linee guida del progetto e a quel punto mi lascio guidare molto dalla mia sensibilità. Parto sempre da un bozzetto, che curo affinché possa cominciare con sicurezza l’elaborato finale.
-I social sono ormai la piattaforma ideale per un artista emergente per pubblicare i propri lavoro ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per il tuo lavoro?
Utilizzo contemporaneamente Facebook e Instagram. Recentemente ho reso disponibile anche un sito internet. Oggettivamente sono tutte piattaforme utili all’incremento della visibilità, però bisognerebbe sfruttarle strategicamente, cosa che non faccio perché non ho il tempo di occuparmene. Sono comunque scettico sul ruolo del “mi piace”, particolarmente su instagram, perché è l’equivalente del televoto e porta in alto solo chi corrisponde maggiormente ai gusti della massa (assolutamente non specialistici). Adesso i “mi piace” si possono pure comprare.
-Se sei a Milano, come influisce su di te questa città? Il luogo in cui ti trovi ha un’influenza su di te e sulla tua opera?
Il regalo più grande che mi ha fatto Milano sono i tanti musei e le innumerevoli gallerie con i loro vernissage e mostre temporanee. Sono convinto di aver imparato di più sull’arte contemporanea spostandomi tutti i giorni a vedere e a conoscere artisti nuovi di persona che all’accademia nei corsi di storia dell’arte. Ho sempre seguito presentazioni,conferenze, fiere, incontri, eventi che avevano luogo in città e osservato attentamente le opere dal vero. Uscire da solo o con qualche amico che di arte se ne intende per vedere le inaugurazioni alla sera per me è diventato un passatempo insostituibile.
-Cosa vuoi esprimere con le tue opere? Qual è il loro fine ultimo?
Attraverso le mie opere credo di trasmettere le mie stesse idee sulla pittura, oltre che un’estetica contemporanea. Spero sempre che vi sia un qualche riconoscimento da parte dell’osservatore nelle mie opere, che rilevi quella parte di esperienza che entrambi conviviamo. Per questo cerco di volta in volta di attualizzare il mio linguaggio, proprio per incontrare la sensibilità dei miei contemporanei. Inoltre, uno dei fini dei miei quadri è ritenere lo sguardo per alcuni minuti, cercando di sensibilizzare ed educare il fruitore alla vista.
OBBIETTIVI
-I tuoi prossimi obbiettivi, progetti?
Ultimamente ho rallentato l’attività artistica per dare precedenza ad altre urgenze. Il mio obiettivo adesso è tornare presto ai pennelli.
-Come e dove ti vedi tra cinque anni?
Ho imparato già da qualche anno a non pianificare il futuro. Ogni settimana accadono e si sbloccano situazioni nuove che mi portano in direzioni diverse e imprevedibili.
-Infine, ci indicheresti tre giovani artisti, magari appena usciti da una scuola di Milano, che come te si differenziano dagli altri?
Io credo che tra le giovani promesse spicchino decisamente Daniel Sheytanov, Saeed Naderi e Sara Harder.
Grazie mille a Elias per aver risposto alle nostre domande, per continuare a seguire lui e la sua produzione artistica, oltre al suo sito già citato, vi lasciamo i suoi contatti INSTAGRAM e FACEBOOK.
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