Spirito e materia
Le opere pittoriche di Giorgia Guaglianone, giovane artista dell’Accademia di Brera, parlano di materia e di spirito. Le sue tele sono al confine tra tempeste romantiche e visioni astratte: superfici su cui è impresso un sentire istintuale e libero. Giorgia racconta così di emozioni contrastanti, di malinconia, di sublime poesia.
PRESENTAZIONE
-Allora… raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei, quanti anni hai?
Mi chiamo Giorgia, ho vent’anni, sono nata e cresciuta in un piccolo borgo della Calabria, da un anno frequento l’Accademia Di Belle Arti di Brera e sono in procinto di iniziare un nuovo anno.
-Di cosa ti occupi?
Dipingo da circa quattro anni, mi occupo principalmente di pittura ad olio e ad acquerello, con l’aggiunta di materiali esterni che mi permettono di sperimentare nuove tecniche!
INTERESSI
-Ti piace la musica? Hai un cantante, gruppo preferito?
La musica credo sia fondamentale in questo contesto, aiuta a meditare e alle volte funge da perfetta musa, non ho preferenze estreme, mi piace ascoltare tutto quello che ritengo possa assomigliare alla mia essenza. Alle volte il passaggio da una melodia ad un’altra è totale, dalla magnifica Lana del Rey, Amy Winehouse, Yungblud ai maestri della musica come Vivaldi, Mozart, Ezio Bosso.
-Un film che secondo te tutti dovrebbero vedere?
C’è un film in particolare che ho trovato interessante, Malcolm e Marie, scenografia profonda, una pellicola basata interamente sul dialogo, dove gli stessi colori vengono annullati e prevale il grigio e nero, tutto si concentra sulla coppia, sulle emozioni profonde e contrastanti che vediamo rivelarsi man mano. In un anno in cui il dialogo ha assunto diverse forme, si è trasformato e per certi versi annullato, l’ho trovato commovente e riflessivo.
-Qual è la forma d’arte che preferisci? (da andare a vedere/ a cui assistere: fotografia, pittura, scultura, performance, ecc..) C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto o che sia una fonte d’ispirazione?
Considero fondamentale ogni forma d’arte, tra queste preferisco, la pittura, la fotografia, la performance. Difficile da dire, sono molti gli artisti contemporanei fonte d’ispirazione, a partire da Roberto Ferri, Mark Gleason, Adriano Fida ecc.
-C’è un momento della giornata che ti piace particolarmente?
Quel lasso di tempo che vede scomparso da poco il sole e il subentrare della notte.
LAVORO
-Come nasce il tuo interesse per la ricerca artistica?
Disegno sin da bambina, ma solo pochi anni fa ho iniziato a dedicarmi alla pittura assiduamente. La mia ricerca artistica nasce da un impulso è tutto così istintivo e naturale.
-Da dove ti è venuta l’idea e come ci sei arrivata?
Da quando ho iniziato l’Accademia il bisogno, perché possiamo definirlo così, di sperimentare è aumentato, credo nasca dall’aumento di stimoli e richieste. Ho iniziato a sperimentare l’utilizzo del bitume e della cera da poco, e me ne sono completamente innamorata.
-Un’emozione che sapresti nominare mentre lavori?
Le emozioni che si provano sono molte, non è mai solo una, a volte sono addirittura contrastanti, ma quelle che sento maggiormente e ripetutamente sono: il bisogno, il bisogno di esprimere quello che a parole non si può dire e la malinconia, non la classica malinconia, mi viene difficile da spiegare.
-Che cosa sentivi necessario: fare qualcosa di diverso, oppure andare oltre? Avevi un’idea chiara di quello che bisognava fare?
Le idee non le ho mai chiare, preferisco siano il mio corpo e la mia mente, quello che entrambi provano al momento a governare l’attimo in cui si realizza qualcosa di nuovo. Certo il cambiamento o la necessità di andare oltre avvengono nel mio caso dopo una fase totalmente confusionaria dalla quale poi nasce il diverso. Quel qualcosa che finora non avevi neppure considerato. Nel mio caso la scoperta del bitume è stata fondamentale.
-Prima di cominciare a lavorare hai già chiara l’idea di come sarà il tuo lavoro?
Nulla è certo, di questo ne sono sicura, mi basta di riuscire tramite il mio lavoro ad esprimermi e a far sentire.
-Oppure è quando cominci che hai un’idea di quello che farai?
Inizialmente studiavo molto come realizzare un’opera, partendo dalla scelta del tema e al suo perché, passando ai colori, pennelli ecc, adesso è tutto completamente diverso dipingo dando ascolto a ciò che sento sia internamente che esternamente.
-Che ruolo svolgono i titoli per te? E quando li assegni? Di solito i titoli vengono prima o dopo che hai finito il tuo lavoro?
Il titolo come la stesura di una didascalia per me sono fondamentali, sono da sempre convinta che senza di essi io stessa non riuscirei a comprendere al meglio ciò che rappresento, il titolo definisce l’immagine, alle volte alcuni dipinti e alcune parole sono fatti per nascere nello stesso momento. Capita che la scelta del titolo avvenga quindi in contemporanea, dopo, ma raramente prima.
-Quale sarebbe il loro significato?
I titoli devono essere riflessivi, profondi e adatti, non deve rappresentare ciò che l’opera non è, si deve creare una sorta di simbiosi.
-Quand’è che senti che un lavoro è finito?
La questione del finito o non-finito è complessa, quando un’opera è finita lo senti dentro, c’è come una sorta di voce che sussurra “non c’è altro da aggiungere, fermati o rovini tutto”, e tu lì devi fermarti altrimenti si rovina sul serio tutto.
-Ti capita di doverti fermare mentre stai lavorando, perché non hai in casa il tipo di pezzo o di materiale che ti serve, e di dover aspettare finché non lo trovi?
No, i materiali non mi mancano mai, cerco sempre di essere ben fornita, non mi piace abbandonare il lavoro in corso.
-Quale lavoro secondo te funziona di più rispetto agli altri?
Probabilmente è l’opera che segna il mio primo significativo cambiamento: The Human Storm.
-Raccontaci come nasce un tuo lavoro. Parti da un’idea, una sensazione o che altro?
I miei lavori nascono tutti da sensazioni, emozioni, da un episodio che ha sconvolto la mia giornata che mi porta a sentire il bisogno di esprimermi o di farmi ascoltare nel modo più veritiero possibile.
-Hai fatto un percorso all’accademia di Belle Arti; come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovata? Immaginiamo che questo percorso ti abbia lasciato qualcosa, degli strumenti di lavoro che utilizzi o delle influenze particolari.
Il primo anno all’Accademia è stato strano, non l’ho vissuta totalmente e fisicamente come molti di noi, ma è stata essenziale per la mia crescita, ho imparato cose straordinarie, ho scoperto nuove tecniche, strumenti, e artisti, il confronto tra noi studenti seppur online ha avuto la sua influenza.
-Qual è il tuo lavoro che finora è stato più apprezzato? E quale quello che tu preferisci?
Tornando alla domanda precedente direi sempre The Human Storm, ha avuto un impatto diverso e significativo verso le persone che mi seguono. Quello che preferisco io invece è l’ultimo lavoro del progetto “ Materia e Spirito”.
INTERAZIONE CON IL MONDO ESTERNO
-I social sono ormai una piattaforma indispensabile per pubblicare i propri lavori ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per ciò che fai?
Personalmente ho difficoltà ad espormi direttamente sui social anche per quanto riguarda il mio profilo d’arte, queste piattaforme sono fondamentali per la divulgazione delle proprie passioni/talenti. Sono probabilmente i mezzi più influenti in circolazione.
-Sei stato a Milano, come ha influito su di te questa città? Il luogo in cui ti trovi ha un’influenza su di te e su ciò che produci?
Milano è stata una rivoluzione, sono abituata a paesi di poco più di 1000 abitanti, sommersi dal verde e silenziosi. Milano è esattamente l’opposto, è ricca di movimento, persone, mezzi di tutti i tipi, è stata un’influenza spaventosa e al tempo stesso bellissima!
-Quali sono i tuoi prossimi obbiettivi e progetti?
Concentrarmi sull’Accademia e il mio percorso, studiare e conoscere il mondo dell’arte anche e soprattutto fisicamente!
-Quali sono i progetti che non sei ancora riuscita a realizzare?
Inserirsi nel mondo dell’arte è fin troppo difficile, il mio obiettivo è riuscire a farlo.
-Cosa significa per te essere artisti oggi?
Potrei aprire una parentesi infinita, il termine “artista” credo abbia perso in parte il suo valore unico, viviamo in un mondo in cui tutto è stato già fatto e proposto, essere artisti è un modo d’essere, di vivere e soprattutto è un modo di esprimersi unico. Essere artisti è un percorso di vita, non è un appellativo, uno stereotipo o che so altro. Non tutto può essere definito arte e non tutti possono definirsi artisti. E’ complesso, se non impossibile essere ad oggi artisti in tutti i sensi.
-Infine, ci indicheresti tre giovani artisti che stimi ed ammiri di Milano?
Il mio amico Elio Guazzo (@elioguazzo), Laura Petra Simone e Rossella Barbante che non conosco ma che ammiro!
Ringraziamo Giorgia per aver risposto alle nostre domande, continuate a seguirla sul suo profilo Instagram
Venticento art Magazine http://venticento.altervista.org/