Giuseppe Martire

Catturare visioni

Le opere figurative di Giuseppe Martire, giovane studente dell’accademia di Belle Arti di Brera,  catturano frammenti e visioni di realtà che vengono sviscerati e impressi con colori squillanti sulla superficie delle tele. Le linee dinamiche dei bozzetti e le pennellate espressionistiche descrivono istintivamente figure quotidiane, emozioni, contesti noti: delineando tasselli di vita.

 

Giuseppe Martire

PRESENTAZIONE

-Allora… raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei, quanti anni hai?
-Mi chiamo Giuseppe, sono classe ‘96 e vengo da Cosenza, Calabria.

 

-Di cosa ti occupi?
-Al momento sono studente all’accademia delle belle arti di Brera, indirizzo pittura. Dipingo.

 

Giuseppe martire, So What

INTERESSI

-Ti piace la musica? Hai un cantante, gruppo preferito?
-Direi di si. Il Rock anni ‘80 e il Pop-Punk dei ‘90/’00 sono i generi che intasano il mio smartphone. Da Bowie ai Queen, dai Blink 182 ai Green Day.

 

Giuseppe martire, you're doing

 

-Un film che secondo te tutti dovrebbero vedere?
-Poco tempo fa ho rivisto per la centesima volta Trainspotting. Non posso non consigliare film e libri.

 

-Qual è la forma d’arte che preferisci? (da andare a vedere/ a cui assistere: fotografia, pittura, scultura, performance, ecc..) C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto o che sia una fonte d’ispirazione?
-Credo la letteratura, anche se non si va “a vedere”.

 

-C’è un momento della giornata che ti piace particolarmente?
-Le cinque del mattino. L’aria è davvero buona.

 

Giuseppe Martire, Sketch

LAVORO

-Come nasce il tuo interesse per la ricerca artistica?
-Come quasi tutto nella vita, credo, un po’ per caso, tanta curiosità, e la giusta dose di ossessione. Cerco di capire che peso hanno le immagini, sia quelle private che quelle, per così dire, appartenenti alla vita pubblica. Le catturo e poi le viviseziono nel mio laboratorio.

 

Giuseppe Martire

 

-Da dove ti è venuta l’idea e come ci sei arrivata\o?
-Studiando. Studiando determinati artisti, i migliori, ho provato a imitarli. A comportarmi come loro. Quindi ho deciso di disciplinarmi e continuare a studiare e a dipingere. Al momento per me Gherard Richter, Anselm Kiefer e Peter Doig sono Padre, Figlio e Spirito Santo. Non necessariamente in quest’ordine.

 

-Un’emozione che sapresti nominare mentre lavori?
-Un’emozione? Non sono sicuro di saper rispondere. Potrei rispondere rabbia, ma eviterò di essere preciso e risponderò: “confusione”.

 

Giuseppe Martire

 

-Che cosa sentivi necessario: fare qualcosa di diverso, oppure andare oltre? Avevi un’idea chiara di quello che bisognava fare?
-Esistono genesi e genesi di lavori: alcuni vengono ispirati da un’idea, altri da una domanda. Altri ancora sono figli di uno studio programmato. Io non mi faccio mancare niente, in questo senso.

 

-Prima di cominciare a lavorare hai già chiara l’idea di come sarà il tuo lavoro?
-Oh no, no. Grazie al Cielo no. Se sapessi perfettamente come sarebbe in anticipo un dipinto allora che senso avrebbe farlo? Certo, ho un’idea, magari un paio di reference, ma mentre dipingo non sono cieco, né sordo. Ascolto attentamente la tela e so quando devo discostarmi dal tracciato.

 

Giuseppe Martire, Bagnanti

 

-Oppure è quando cominci che hai un’idea di quello che farai?
-Guardare la tela bianca cercando l’ispirazione è un grande mito. Non mi appartiene.

 

-Che ruolo svolgono i titoli per te? E quando li assegni? Di solito i titoli vengono prima o dopo che hai finito il tuo lavoro? 
-Ho un problema con i titoli. Capita spesso che io metta la firma a lavoro senza aver deciso come chiamarlo. Quando cerco di definirlo postumo, mi sembra sempre di fare una violenza al dipinto come se lo tagliassi con un’accetta: il titolo è estremamente importante, guida il senso dell’immagine. La stessa scena con due titoli diversi assume significati distanti. Per questo motivo preferisco non dar titoli. Non sempre ciò che vediamo ha bisogno di essere chiamato.

 

E quale sarebbe il loro significato?

-Proprio per questo motivo quando invece voglio dare il titolo ne cerco qualcuno che è il più senza senso possibile. In modo che conti più il suono delle parole che il loro significato. Spesso uso i titoli delle canzoni che ascolto nei momenti decisivi della realizzazione, o frasi del testo. Un po’ come successe a Gherard Richter quando dovette dare il titolo al suo ciclo Cage.

 

Giuseppe Martire, Sketch

 

-Quand’è che senti che un lavoro è finito?
-Quando decido che è così.

 

-Ti capita di doverti fermare mentre stai lavorando, perché non hai in casa il tipo di pezzo o di materiale che ti serve, e di dover aspettare finché non lo trovi?
-Era Picasso a dire:”se non ho il blu, uso il rosa”? Direi che la frase sia compatibile anche con me.

 

Giuseppe Martire, bozzetto preparativo

Giuseppe Martire

 

-Raccontaci come nasce un tuo lavoro. Parti da un’idea, una sensazione o che altro?
-Solitamente appunto idee e spunti su un taccuino, traccio alcuni sketch, provo alcuni colori. Messa così in piedi l’immagine nella mia testa, ne faccio almeno una decina di bozzetti, poi approccio la tela. L’immagine sarà figlia di tutte le differenze tra un bozzetto e l’altro. Poi, sperimentando si fanno errori, e alcuni errori sono meno errori di altri. Alcuni puoi tenerli e addirittura esagerarli. E così il lavoro evolve e va avanti.

 

-Hai fatto un percorso all’accademia di Belle Arti; come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovata? Immaginiamo che questo percorso ti abbia lasciato qualcosa, degli strumenti di lavoro che utilizzi o delle influenze particolari.
-Conserverò la risposta per quando avrò finito.

 

-Qual è il tuo lavoro che finora è stato più apprezzato? E quale quello che tu preferisci?
-Quello che spesso viene giudicato di maggiore qualità è Fatlip, mentre forse per affetto quello che reputo più importante è N°one party anthem.

 

Giuseppe Martire

Giuseppe Martire

INTERAZIONE CON IL MONDO ESTERNO

-I social sono ormai una piattaforma indispensabile per pubblicare i propri lavori ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per ciò che fai?
-Mah, in  realtà non sento la voglia di curarli più del dovuto. Anzi, sto cercando piano piano di liberarmi della necessità di avere una presenza chiara sui social. Certo, possono essere strumenti davvero fondamentali a seconda di come li si usa. Adesso concepisco il mio profilo come una sorta di diario reso pubblico.

 

Giuseppe Martire

 

-Sei stato a Milano, come ha influito su di te questa città? Il luogo in cui ti trovi ha un’influenza su di te e su ciò che produci?
-Forse per la mia formazione classica ho sempre snobbato Milano, preferendo città storiche come Roma, Firenze, Napoli, Venezia. Quando però mi sono trasferito qui ormai un anno fa, me ne sono innamorato perdutamente. Assolutamente fondamentale nello sviluppo mio personale e della mia ricerca artistica sia la città fatta di pietra che la città fatta di persone.

 

-Quali sono i tuoi prossimi obbiettivi e progetti?
-Sono molto scaramantico. Diciamo che preferisco concentrarmi su un passo alla volta.

 

Giuseppe Martire

 

-Quali sono i progetti che non sei ancora riuscito a realizzare?
-Intanto sono qui, ed è il progetto base che aprirà la porta a tutti gli altri.

 

-Infine, ci indicheresti tre giovani artisti che stimi ed ammiri di Milano?
Venite a cercare nell’Aula 49 in Brera. Ne troverete molti più di tre.

 


Ringraziamo Giuseppe per aver risposto alle nostre domande, continuate a seguirlo sul suo profilo Instagram 

 

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