Mario Cerrone

Il richiamo ellenico

L’alfabeto artistico di Mario Cerrone è un intreccio di archetipi lontani: l’arte ellenica e cicladica, così come l’iconografia bizantina, rappresentano le fondamenta di una ricerca che mira a fondere il contemporaneo con le radici dell’antico. Forme flessuose, colori liberi, echi a tempi remoti, tutto parla della volontà di raccontare la sua origine nelle proprie opere, in una narrazione artistica che non mira alla perfezione formale quanto, piuttosto, a quel caos dinamico e vitale che è l’arte delle origini.

 

Mario Cerrone, Archetipo

 

PRESENTAZIONE

-Allora… raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei, quanti anni hai?

Sono Mario Cerrone, nato ad Atene, ma cresciuto a Milano, ho 25 anni e ho sempre viaggiato molto, avendo una doppia cultura sin da tenera età

 

-Di cosa ti occupi?

Ho concluso gli studi in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, e ora da due anni sono assistente presso la cattedra di tecniche pittoriche.

 

Mario Cerrone, Esodo

INTERESSI

-Ti piace la musica? Hai un cantante, gruppo preferito?

La musica è essenziale per me, ha grande forza evocativa e di ispirazione. Ascolto diversi generi, cito Vicio di Caposela e Mannarino.

 

Mario Cerrone, Lo senti l'oracolo?

 

-Un film che secondo te tutti dovrebbero vedere?

Consiglio la serie Altered Carbon, come spunto di riflessione per il futuro prossimo e i limiti umani.

 

-Qual è la forma d’arte che preferisci? (da andare a vedere/ a cui assistere: fotografia, pittura, scultura, performance, ecc..) C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto o che sia una fonte d’ispirazione?

Preferisco la pittura e la scultura, amo l’arte antica ellenica, Cicladica. Trovo fondamentale la tradizione e la sua continua attualità.

 

Mario Cerrone

 

Mario Cerrone, L'Attesa del plenilunio

 

-C’è un momento della giornata che ti piace particolarmente?

Sicuramente la mattina, mente fresca e tanta energia per creare.

 

Mario Cerrone, Intimità

LAVORO

-Come nasce il tuo interesse per la ricerca artistica?

In famiglia sono sempre stato circondato da artisti, e mi definisco figlio d’arte, sin da piccolo mi ricordo sempre con un pennello o dei colori in mano. Alla domanda cosa vuoi diventare da grande rispondevo : ‘ il pittore ‘

 

-Da dove ti è venuta l’idea e come ci sei arrivato?

La mia ricerca verte sulle forme della tradizione ellenica che rivitalizzate dialogano con il contemporaneo. La mia formazione comprende studi di iconografia bizantina, sempre presenti nel mio lavoro come anche i canoni classici. L’intento del lavoro è stato di slegarmi dalle origini per creare il mio alfabeto con cui parlare diverse lingue.

 

Mario Cerrone, Navigazione

 

-Un’emozione che sapresti nominare mentre lavori?

Gioia, commozione ed energia.

 

-Che cosa sentivi necessario: fare qualcosa di diverso, oppure andare oltre? Avevi un’idea chiara di quello che bisognava fare?

Ho voluto tradurre la mia appartenenza culturale con i suoi richiami generazionali e antropologici, per creare un mio linguaggio e mettere le forme in movimento generando un dialogo concreto con il mondo fisico e immaginario.

 

Mario Cerrone, Sketch

 

-Prima di cominciare a lavorare hai già chiara l’idea di come sarà il tuo lavoro? Oppure è quando cominci che hai un’idea di quello che farai?

Disegno molto, per arrivare a realizzare un opera prima dovrò aver fatto almeno 20 disegni, ma il risultato finale è dettato dal caso sul punto di vista cromatico, tenendo sempre a mente i richiami del territorio e ciò che più amo.

 

-Che ruolo svolgono i titoli per te? E quando li assegni? Di solito i titoli vengono prima o dopo che hai finito il tuo lavoro?

I titoli dei lavori parlano di movimento, di speranza, di gioia, di spensieratezza, di una leggerezza indefinita capace di aprire gli occhi in maniera diversa nei confronti del futuro. Nascono durante la creazione dell’opera e anche da una lunga ricerca teorica che sta dietro al lavoro.

 

Mario Cerrone, Sketch

 

-Quand’è che senti che un lavoro è finito?

Il lavoro è finito quando si decide che sia concluso, non mi perdo nei particolari, non cerco la perfezione, ma l’armonia del caso, il caos e il disordine generano bellezza interesse e ogni volta è una scoperta nuova.

 

-Ti capita di doverti fermare mentre stai lavorando, perché non hai in casa il tipo di pezzo o di materiale che ti serve, e di dover aspettare finchè non lo trovi?

Prima di iniziare a lavorare devo avere sempre tutto il materiale predisposto, odio essere interrotto, quando l’arte scorre il flusso della creazione non va fermato ma noi artisti siamo il mezzo mediante il quale prende forma, bisogna lasciar uscire ciò che si presenta nel momento giusto, e ci vuole tanto allenamento e preparazione per gestire quel dolce attimo fuggente.

 

Mario Cerrone, Sketch

 

-Quale lavoro secondo te funziona di più rispetto agli altri?

Non distinguo un lavoro in particolare, tutti hanno una logica che li accomuna, non cerco la bellezza e l’armonia, la forma mediante lo strappo e la rottura segue il suo volere, io non la dirigo la seguo e la assecondo.

 

-Raccontaci come nasce un tuo lavoro. Parti da un’idea, una sensazione o che altro?

Disegno molto, realizzo molti quaderni d’artista in cui divido la ricerca. Strappo frammenti di vita, fotografie, opere di altri artisti, riviste, e le assemblo con uno sguardo diverso. Si mette in movimento il frammento che diventa oggetto magico in grado di evocare e richiamare la sensibilità e l’immaginazione. Sono incline alla logica del sogno, non bisogna sempre sapere tutto, molte cose prendono forma da sole, di alcune si ha memoria mentre di altre no. Penso che il lavoro parli per sè.

 

-Hai fatto un percorso all’accademia di Belle Arti; come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovata? Immaginiamo che questo percorso ti abbia lasciato qualcosa, degli strumenti di lavoro che utilizzi o delle influenze particolari.

Ho studiato all’Accademia di Brera, immerso in un ambiente ricco di storia e di energia, ricco di ricordi di memorie lontane, di passioni, talenti. Mi reputo fortunato ad aver avuto questa possibilità, mi ha lasciato molto, sia artisticamente che personalmente. La mattina arrivavo sempre in anticipo per poter girovagare nei corridoi vuoti ed ascoltare l’eco lontano dell’arte e degli artisti che hanno frequentato quell’ambiente.

Mario Cerrone, Nomade per essenza

INTERAZIONE CON IL MONDO ESTERNO

-I social sono ormai una piattaforma indispensabile per pubblicare i propri lavori ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per ciò che fai?

Sono uno strumento essenziale per poter aver visibilità, la rete è una proliferazione continua di segni senza sosta, si generano immagini video frammenti che si muovono in maniera nevrotica. Penso siano importanti come mezzi ma anche dispersivi per coloro che non hanno un metodo di ricerca e rimangono colpiti dalla balia di una tendenza.

Mario Cerrone, Viaggio ad occhi chiusi

 

-Sei stato a Milano, come ha influito su di te questa città? Il luogo in cui ti trovi ha un’influenza su di te e su ciò che produci?

Milano è al centro d’Europa, è una città internazionale e con molta energia. Sono fortunato ad avere la possibilità di viverla. È un luogo in cui si aprono spazi potenziali, possibilità di incontro. Permette un apertura con il mondo e amplia lo sguardo di chi osserva. La definirei una città multiculturale.

 

-Quali sono i tuoi prossimi obbiettivi e progetti?

Mi piacerebbe aver la possibilità di dedicarmi interamente all’arte, creare connessioni, aprire una scuola, un laboratorio in cui c’è spazio per l’incontro per il confronto e la contaminazione. Come obiettivo, vorrei viaggiare molto, aver la possibilità di conoscere la cultura cinese e poter aprire nuove strade.

Mario Cerrone, In fuga dal fato

 

-Cosa significa per te essere artisti oggi?

Essere artisti è una fortuna immensa, avere la sensibilità e la capacità di tradurre la propria ricerca ed esprimere la propria unicità. Oggi l’arte non nego che si trovi in seria difficoltà, con la situazione corrente, ma non mi vedo fare altro nonostante le difficoltà. L’arte da tanto se la si sa amare ed ascoltare, e permette di vivere delle vite colorate, fuori dalla monotonia delle società prestazionali legate solo al guadagno e al capitale. L’artista traduce i sogni di ciascuno in simboli e in immagini, perciò è sempre stato e sarà sempre un componente essenziale per la comunità. Il nostro immaginario è opera degli artisti del passato ed è una cosa magnifica. Abbiamo una grande responsabilità e ci vuole impegno per saperla portare.

 

-Infine, ci indicheresti tre giovani artisti che stimi ed ammiri di Milano?

Roberta Fotia, Simone Parise, Sara Paternicò.

Mario Cerrone, Escono i tuoni


Ringraziamo Mario per aver risposto alle nostre domande, potete continuare a seguirlo sul suo profilo Instagram 

VenticentoArtMagazine http://venticento.altervista.org