Martina Cinotti

Autorappresentazione del sé:  la tela come specchio

Le opere figurative di Martina Cinotti, studentessa dell’Accademia di Belle Arti di Brera, raccontano di un’indagine sulla rappresentazione del sé e sul corpo. Pennellate morbide, contorni sfumati e fusi dai colori, palette neutre e vive descrivono paesaggi interiori, è così che le tele diventano specchi acquarellati, pronti a riportare ogni vibrazione a chi le osserva.

 

Martina Cinotti, David Bowie, 2021

PRESENTAZIONE

-Allora Martina… raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei, quanti anni hai?

Ho 21 anni e vivo in provincia di Milano. Attualmente frequento pittura all’accademia di Brera. 

 

-Di cosa ti occupi?

Di pittura, principalmente. La mia ricerca si concentra soprattutto sull’auto rappresentazione e sulla percezione del corpo.

 

Martina Cinotti, Percezioni, 2020

 

INTERESSI

-Ti piace la musica? Hai un cantante, gruppo preferito?

La musica mi piace molto, la ascolto spesso mentre lavoro. A volte invece preferisco il silenzio, ad esempio all’inizio di un nuovo lavoro, quando ho bisogno di essere più concentrata. Il mio gruppo preferito sono i the 1975, dai primi anni della mia adolescenza. Altri artisti che amo sono Grimes, Lorde, Bowie. 

 

Martina Cinotti, Sketchbook

 

-Un film che secondo te tutti dovrebbero vedere?

Opera senza autore. 

 

-Qual è la forma d’arte che preferisci? (da andare a vedere/ a cui assistere: fotografia, pittura, scultura, performance, ecc..) C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto o che sia una fonte d’ispirazione?

La pittura è la mia preferita, ma mi piacciono molto anche le mostre di installazioni/sculture. Di artisti contemporanei amo Jenny Saville, Hockney, Andreas Eriksson. 

 

Martina Cinotti, 2021

 

-C’è un momento della giornata che ti piace particolarmente?

Nonostante io non mi ritenga una persona mattiniera, adoro quelle poche volte in cui riesco a svegliarmi presto e lavorare con le prime luci del sole. 

 

LAVORO

-Come nasce il tuo interesse per la ricerca artistica?

Disegno da quando ne ho memoria, mi ha sempre appassionata, quindi l’interesse per la ricerca artistica è cresciuto in modo molto spontaneo e naturale. Forse il momento di svolta però è stato quando all’ultimo giorno della scelta delle scuole superiori ho cambiato idea e ho deciso di frequentare il liceo artistico invece che un istituto tecnico. Lì ho deciso che volevo e dovevo approfondire questa passione, non potevo rischiare di lasciarla andare via da me. 

 

Martina Cinotti, Autoritratto, 2021

 

-Prima di cominciare a lavorare hai già chiara l’idea di come sarà il tuo lavoro?

Solitamente ho un’idea vaga inizialmente, e comincio a visualizzare l’immagine solamente quando la vedo formarsi sul supporto. Ogni segno influenza quello dopo in modo imprevedibile. Capita che faccia uno schizzo prima di iniziare, soprattutto per i dipinti più grandi, ma è solo indicativo. Il bello del processo creativo è che non è calcolato. 

 

-Che ruolo svolgono i titoli per te? E quando li assegni? Di solito i titoli vengono prima o dopo che hai finito il tuo lavoro?

I titoli per me sono molto difficili. Un titolo secondo me ha senso se aggiunge qualcosa in più al dipinto stesso. Non mi piace l’autodescrizione ma la rivelazione di qualcosa in più, che arricchisce il dipinto, lo estende a significati che vanno oltre il soggetto rappresentato.  Li stabilisco a volte dopo aver compiuto il lavoro, altre volte invece durante, soprattutto per quanto riguarda i dipinti in serie. 

 

Martina Cinotti, 2020

 

-Quand’è che senti che un lavoro è finito?

Sento che un lavoro è finito quando credo di aver dato tutto ciò che dovevo, ma senza esagerare. Fermarsi è la cosa più difficile, ho scartato molti dipinti perché erano diventati “troppo”, e non ero stata in grado di fermarmi in tempo. Se non sono soddisfatta di un dipinto e non so come continuarlo preferisco fermarmi e riguardarlo il giorno dopo, piuttosto che continuare a toccarlo “alla cieca”. 

 

-Ti capita di doverti fermare mentre stai lavorando, perché non hai in casa il tipo di pezzo o di materiale che ti serve, e di dover aspettare finchè non lo trovi?

Capita che sento il bisogno di qualcosa che al momento non posso utilizzare, ma cerco sempre di sfruttare al massimo ciò che ho a disposizione al momento. Sono abbastanza impaziente. 

 

Martina Cinotti, Vapore, 2021

 

-Quale lavoro secondo te funziona di più rispetto agli altri?

quando mi guardo allo specchio – sono ciò che vedo?” mi soddisfa molto, è qualcosa di nuovo che vorrei approfondire. 

 

-Raccontaci come nasce un tuo lavoro. Parti da un’idea, una sensazione o che altro?

Il mio lavoro è la maggior parte delle volte auto rappresentativo, quindi parto solitamente dalla sensazione che ho della mia immagine, sia interiore che esteriore, o di qualcosa che mi circonda, che sento di dover esprimere su carta per visualizzarla.

 

Martina Cinotti, 2021

 

-Hai fatto un percorso all’accademia di Belle Arti; come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovata? Immaginiamo che questo percorso ti abbia lasciato qualcosa, degli strumenti di lavoro che utilizzi o delle influenze particolari.

A breve inizierò il terzo anno di accademia e fino ad ora mi ha fatto crescere davvero molto. Ascoltare i diversi pareri (anche contrastanti tra loro) dei professori e dei compagni all’inizio mi ha fatto dubitare del mio lavoro, ma è proprio questo che mi spinge ad evolvermi senza mai fermarmi troppo. Le critiche sono dure da affrontare ma aiutano molto a capire quale sarà il prossimo passo. 

 

Martina Cinotti

 

-Qual è il tuo lavoro che finora è stato più apprezzato? E quale quello che tu preferisci?

Non ho una chiara idea di quale sia il più apprezzato perché ho sentito tanti pareri contrastanti, ma quello che preferisco io è la serie di autoritratti ad acquerello “identità”.

 

Martina Cinotti, 2020

INTERAZIONE CON IL MONDO ESTERNO

-I social sono ormai una piattaforma indispensabile per pubblicare i propri lavori ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per ciò che fai?

Secondo me è fondamentale per far sì che il proprio lavoro venga conosciuto e riconosciuto. Ho una pagina Instagram dove condivido i miei lavori da diversi anni, all’inizio l’ho creata per puro divertimento, ma col tempo è diventata parte importante del mio lavoro, perché solo attraverso i social ho avuto l’opportunità di partecipare a mostre ed eventi, di vendere i miei lavori e soprattutto relazionarmi con le persone che apprezzano ciò che faccio. Da un lato è molto gratificante, ma dall’altro lato può diventare un ambiente tossico. Bisogna avere la capacità di gestirlo senza che esso influenzi troppo il proprio lavoro. 

 

Martina Cinotti, Vanya, 2020

Martina Cinotti, 2021

 

-Sei stato a Milano, come ha influito su di te questa città? Il luogo in cui ti trovi ha un’influenza su di te e su ciò che produci?

Ho sempre vissuto in periferia di Milano, anche se la mia famiglia è originaria delle Marche. Vivo di fronte a un grande parco, che penso abbia influenzato molto il mio lavoro. Tendo a voler rappresentare paesaggi naturalistici insieme ai miei soggetti, piuttosto che paesaggi urbani. Mi ricordano i paesaggi delle estati marchigiane della mia infanzia. 

 

-Quali sono i tuoi prossimi obbiettivi e progetti?

Per il momento concludere la Triennale all’Accademia, e prossimamente vorrei affittare uno studio per avere lo spazio per lavorare in grande formato, perché penso che mi servirebbe molto. 

 

Martina Cinotti, 2020

 

-Quali sono i progetti che non sei ancora riuscita a realizzare?

Vorrei appunto riuscire a produrre lavori in grande formato, per immergermi ancor di più nel processo creativo. 

 

Martina Cinotti, 2020

 

-Infine, ci indicheresti tre giovani artisti che stimi ed ammiri di Milano?

Alice Capelli, Ileana Minotti, Benedetta Stablum. Sono artiste emergenti che trovo meravigliose.


Ringraziamo Martina per aver risposto alle nostre domande, continuate a seguirla sul suo profilo Instagram

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