Michela Vignola

L’illustrazione, tra opera d’arte e comunicazione 

Oggi vi presentiamo Michela Vignola, abile illustratrice che si è appena laureata al triennio all’Accademia di Brera. Dopo aver intrapreso un periodo di viaggi, sta ora affrontando un master in illustrazione e animazione a Cambridge. Insomma, Michela cerca di migliorarsi in tutti i modi possibili, ampliando i suoi orizzonti, a partire da quello artistico e portando mostrando come l’illustrazione sia  una vera forma di arte e di comunicazione. 

Michela Vignola

PARLAMI DI TE

-Allora Michela, raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei?

Ciao! Mi chiamo Michela (in arte Milksart) e vengo da Monza, una bellissima cittadina ponte tra Milano e la Brianza, anche se attualmente mi sono trasferita a Cambridge per un master.

-Quanti anni hai? Ti rispecchi in questo numero o ti senti di una differente età?

Ho ventitré anni ed essendo che la mia età non è un dato questionabile non posso né rispecchiarmici né non farlo. E’ un dato di fatto tanto, ed in quanto tale mi accompagna.

Ti guardo
Michela Vignola
Ti guardo

-Se dovessi usare solo tre parole per descriverti, quali useresti, e come mai?

Se dovessi usare tre parole per descrivermi probabilmente domani non mi ci riconoscerei già più.

-Cosa fai nella vita?

Nella vita un po’ come tutti: coltivo relazioni sociali, studio, lavoro, viaggio, leggo. Mi miglioro, insomma. Fino ad ora ho sempre studiato. Prima il Liceo Classico, poi l’Accademia di Brera, ora un Master in Illustrazione ed Animazione. Sicuramente mi sposto abbastanza: ho fatto un cammino in tenda partendo dal sud del Portogallo e arrivando un mese dopo a Santiago e poi a Finisterrae; ho vissuto sei mesi a Madrid grazie al programma Erasmus; ho passato un poco di tempo in Sud Africa dove lavora attualmente il mio fidanzato ed ora sono qui a Cambridge.

 COSPLAY, Gouache on canvas,50x50 cm 
Michela Vignola
COSPLAY, Gouache on canvas,50×50 cm

INTERESSI

-Parliamo un po’ di interessi personali, qual è il tuo genere musicale preferito? C’è un film che secondo te tutti dovrebbero vedere?

Non ho mai apprezzato le domande sul tipo di musica che preferisco, definire la maniera teorica di esistenza è sempre limitante. Perché ci sono cose che mi piacciono già e ci sono cose nuove che scopro ogni giorno. E’ un po’ come chiedermi qual è il mio colore preferito: ci sono così tanti bellissimi colori e così tante bellissime sfumature che non vedo lo scopo di sceglierne uno in particolare. In ogni caso posso dire senza dubbio che quando dipingo ascolto cantautori italiani, in particolare De Andrè, Dalla e Branduardi. Mi raccontano delle storie. Già le conosco tutte, ma riascoltarle mi permette sempre di cogliere qualcosa di nuovo ed appropriato. Se sono in macchina o mi sto preparando ad uscire allora preferisco qualcosa di indie/folk, canzoni dal ritmo felice. A riguardo del film non sono una grande appassionata o esperta di cinema, ma sicuramente “Chiamami col tuo nome” e “Vita di Pi” sono due bei film dal mio punto di vista.

-Che tipo di arte preferisci? (da andare a vedere, fotografia, pittura, antica moderna, contemporanea etc.) C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto?

Mi piace andare nei grandi musei a cercare capolavori dei grandi maestri. Come pittrice la cosa che più mi interessa è andare ad osservare da vicino queste grandi opere e capire il “come”. Vado per imparare, oltre che per l’emozione di essere presente a qualcosa a cui anche l’artista al tempo suo fu presente. Dall’arte contemporanea sono un po’ distaccata, negli ultimi cento anni si è sviluppata un’arte di scalpore, che all’inizio era efficace, ma ultimamente si è concentrata troppo nell’essere criptica ed ha allontanato l’osservatore. Non è solo il grande pubblico a non capire. Molto tempo addietro Benedetto Croce disse che alla domanda: “Che cos’è l’arte?” si potrebbe rispondere che l’arte è ciò che tutti sanno che cosa è. Penso che piano piano l’arte tornerà più unitamente a raccontare storie critiche, parlare di tematiche umane, arrivando a chi davvero ha bisogno di ascoltarle.

Calendario 2020 Michela Vignola
Calendario

-Hai interessi al di fuori del mondo artistico?

Sono enormemente affascinata dalle cose antiche: i racconti, i reperti, i monumenti. Mi interessa conoscere ed immaginare quello che rimane intrinseco nell’oggi, ma che non potrò mai sperimentare.

ARTE

-Parlando della tua passione per l’arte, ci sarà stato un evento scatenante o un qualcosa che ti ha portato ad avvicinarti, e a scegliere questo tipo di carriera; ti ricordi il momento in cui hai iniziato ad approcciarti con la tua forma artistica? Cosa ti ha colpito così tanto da farla diventare il tuo principale metodo di espressione?

Il mio approccio all’arte è stato da sempre e a piccoli passi. Il primo ricordo è che d’estate mia madre mi preparava un tavolino giallo sul terrazzo, con fogli ed acquarelli, ed io ci passavo le ore. Erano fogli da stampante ed acquarelli da supermercato, non immaginatevi un livello di predestinazione esagerato. Ero solo una bambina che dipingeva e mi piaceva. Sono diventata consapevole della mia passione alle medie. Mi ricordo che in terza media una volta a settimana, tornando a piedi da scuola, mi fermavo al cancello di un liceo vicino e aspettavo qualche minuto, che anche gli studenti di quella scuola terminassero le lezioni. Così una volta a settimana arrivava Nicola. Percorrevamo insieme la strada verso casa e durante il tragitto ci fermavamo seduti su un muretto e gli facevo vedere i miei disegni. Lui aveva quattro anni più di me, disegnava benissimo e mi dava tanti consigli. Ricordo però che un giorno lo corressi io. Non ha molta importanza, perchè lui comunque era più bravo di me, ma lì seppi che stavo migliorando. Non ebbi poi il coraggio di iscrivermi al liceo artistico perchè i miei genitori si auguravano di più
per me. Ho sofferto tantissimo il liceo classico, ma probabilmente in quella fase della mia vita personale e famigliare avrei sofferto qualunque cosa. In un certo periodo ho persino smesso di disegnare, ma posso dire di aver sempre avuto al mio fianco amici straordinari, che in quel momento hanno saputo quando dirmi di riprendere. Ho così continuato a disegnare, a disegnare come una persona che scrive un diario. Appuntavo sentimenti tristi, esprimevo il mio affetto e dichiaravo il mio amore. Disegnando. Non vedo Nicola da anni e molto probabilmente sarei su questa strada in ogni caso, ma mi piacerebbe tanto potergli dire che sono diventata brava come lui. Forse già lo sa. Sicuramente sarebbe orgoglioso.

help
Michela Vignola
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-C’è qualcosa da cui prendi ispirazione per i tuoi progetti artistici non lavorativi?

Penso che ci siano due tipologie differenti di “progetti artistici” che porto avanti. Da un lato lavoro per parlare di tematiche sociali che mi toccano, cercando di scuotere lo spettatore; dall’altro lato lavoro ad illustrazioni gentili e spensierate che si concentrano unicamente sull’armonia dei colori e delle forme per creare serenità dell’osservatore. La presenza dei due credo non sia altro che la scissione tra due sentimenti contrastanti: c’è già così tanto orrore in questo mondo che voglio solo aggiungervi pensieri felici, o c’è così tanto orrore in questo mondo ed altrettanto bisogno di parlarne. Devo scegliere e ancora non l’ho fatto.

-Quale artista usi come modello di riferimento?

Ho tanti modelli di riferimento, ogni giorno nuovi e di tipi diversi. Gli artisti, quelli a cui è data la A maiuscola, mi aiutano a migliorare la mia capacità di trasmettere messaggi sociali forti. Gli illustratori, ed anche loro si meritano la I maiuscola, mi suggeriscono come parlare una lingua piacevole anche quando devo dire cose dure.

Michela vignola

-Hai fatto un percorso all’accademia di belle arti; come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovata? Immaginiamo che questo percorso ti abbia lasciato qualcosa, degli strumenti di lavoro che utilizzi o delle influenze particolari.

La mia esperienza di Triennio in Pittura a Brera è difficile da definire, molto controversa. Volevo imparare di più. Sicuramente lo dico perchè venendo da un Liceo Classico e non Artistico mi mancavano tutte le basi, ciò che sapevo lo avevo imparato da sola sperimentando. So che l’Accademia è un passo oltre le basi, ma ci sono tanti corsi che dovrebbero comunque insegnarti delle tecniche pratiche e non lo fanno. L’insegnamento più grande che porterò sempre con me sarà la capacità autocritica, l’importanza di giudicare il proprio lavoro costantemente e già da molto prima che lo si inizi a produrre in concreto. Nell’aula di Maurizio Arcangeli, dove all’inizio continuavo a chiedermi “Perchè non mi insegna a dipingere?”, ho imparato a cosa pensare prima di dipingere.

-Per cosa sei conosciuta?

Nel grande mondo ancora non sono conosciuta, ma sicuramente a Brera lo ero per avere “uno stile illustrativo”. Me lo dissero ancora prima di iniziare, durante il colloquio di ammissione al triennio. Non volevano accettarmi per via del mio stile illustrativo inadatto all’ambiente artistico di Brera, ma io volevo fare l’Accademia ed evidentemente li convinsi. I miei lavori piacquero sempre in Accademia, ma mai abbastanza, perchè comunque avevo uno stile illustrativo. Adesso faccio un master in illustrazione col mio stile illustrativo e spero che un giorno, il mio stile illustrativo, finisca in una galleria.

watercolors
Michela Vignola
watercolors

-Perché fai quello che fai?

Faccio quello che faccio perchè è quello che sono e non posso essere altro che me stessa. Tolte le questioni filosofiche, ho una paura folle di quello che faccio. Sarei contenta se potessi essere felice essendo medico, dentista, avvocato, ma non è così. Sono piena di gioia quando creo una cosa bella e le pratiche artistiche assorbono la mia concentrazione come quando un persona medita.

LAVORO

-Nel tuo lavoro, da cosa prendi ispirazione?

L’ispirazione artistica non è una cosa che “si prende”. Ci si può ispirare ad altri artisti, ovvero alle loro modalità di lavoro, volendo rubare qualcosa di bello e farlo anche nostro. Imparando quindi da essi. Una foglia ti può ispirare un giardino, perché te lo ricorda, come una palla l’estate, un cigno l’amore, ma il motivo vero per cui si fa un lavoro artistico è perché si sente dentro qualcosa muoversi e lo si deve tirare fuori. L’ispirazione non è una magia, “ho trovato l’ispirazione” significa semplicemente che hai capito la modalità in cui vuoi esprimere un’idea. Chi cerca ispirazione per le idee sta semplicemente cercando qualcosa da copiare e non c’è niente di male nel copiare una bella idea, ma allora non si tratta più di un’opera.

-Ci racconteresti il tuo processo per arrivare a un’opera conclusa: parti da un concept, fai della ricerca specifica, o ti lasci trasportare dalle tue sensazioni?

Il “concept” lo lascio a persone più radical chic di me. Il mio processo è sempre diverso. Penso di non saper dire niente di preciso perchè imparo così tanto giorno dopo giorno che il consiglio che ho dato ad un amico l’altro ieri oggi è già sbagliato. Dipende dal momento, dal motivo. Se voglio parlare di qualcosa allora prima indago bene cosa questo argomento sia e quando penso di averlo reso sufficientemente chiaro a me stessa allora immagino come comunicarlo agli altri in modo tale che lo ricevano forte e chiaro come l’ho ricevuto io dalla mia mente. Le bozze dei disegni sono importantissime. Alle volte già con una sono contenta e lì so che la mia mente ha lavorato bene prima di passare il compito alla mia mano. Altre volte ne devo farne tante perchè la mano non riceve il messaggio corretto. Le bozze servono poi soprattutto per i colori: ho bisogno che siano armoniosi quanto le forme.

-I social sono ormai la piattaforma ideale per un artista emergente per pubblicare i propri lavoro ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per il tuo lavoro?

I Social sono uno strumento fantastico e terribile allo stesso tempo. Fantastico perchè danno la possibilità di far conoscere il proprio lavoro e di raccontarlo insieme al racconto di chi è l’artista dietro di esso, fantastica la possibilità di vendere il proprio prodotto online, la possibilità di rivolgersi ad un pubblico che davvero apprezza il tuo lavoro senza dover passare attraverso l’approvazione del mercato delle gallerie. Terribile perchè gli algoritmi che regolano la visibilità delle proprie pubblicazioni sono segreti ed automaticamente questionabili, trovo terribile la policy che censura i nudi persino dei quadri, terribile l’appropriazione di immagine in vigore ogni volta che una pubblicazione viene effettuata, terribile la mancanza di etica delle tantissime persone che rubano il lavoro di altri artisti, non solo per uso personale, ma alle volte persino per rimetterlo sul mercato senza permessi. In ogni caso reputo che siano uno strumento formidabile grazie al quale avere lavoro.

Colori e non colori.
Michela Vignola
Colori e non colori

-Se sei a Milano, come influisce su di te questa città? Il luogo in cui ti trovi ha un’influenza su di te e sulla tua opera?

Sicuramente l’atmosfera in cui viviamo influisce sulle nostre vite e sui nostri pensieri, ma non sono realmente certa di come Milano, Monza, Madrid o Cambridge ora influiscano realmente sulla mia arte. Possibilmente influiscono più sul mio umore e sulla temporalità del mio lavorare, ma non sul contenuto né sullo stile.

-Cosa vuoi esprimere con le tue opere? Qual è il loro fine ultimo?

Con ogni opera voglio comunicare qualcosa di diverso. Alcune hanno un tema comune, altre completamente diverso, alcune vogliono solo essere belle da guardare. Penso che si debba interrogare ogni opera singolarmente. Sicuramente mi stanno molto a cuore temi riguardanti la salute sociale quali il femminismo, le dipendenze, la questione razziale e di genere.

OBBIETTIVI

-I tuoi prossimi obbiettivi, progetti?

Ho appena iniziato un Master che dura 12 mesi, quindi nel futuro prossimo sarò impegnata a dare e ricevere il massimo su questo fronte. Successivamente voglio lavorare in uno studio per qualche anno, ritengo che sia un momento di formazione importantissimo per poi riuscire a fare quello che realmente mi piacerebbe portare avanti per tutta la vita, che è lavorare per commissioni e in proprio. Vivere vendendo la mia arte, essere la risposta alla domanda, penso possa essere la miglior posizione lavorativa a cui posso aspirare. Ovviamente per come la vedo ora.

Michela vignola
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-Un ultima domanda Michela, come e dove ti vedi tra cinque anni?

Tra cinque anni dunque mi vedo a lavorare come illustratrice in uno studio e contemporaneamente capace di avere un mercato personale.

 


Ringraziamo Michela per aver risposto alle nostre domande, 

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