Benedetta Stablum

Mutevolezza

La produzione artistica di Benedetta Stablum è molto varia: spazia tra collage, dipinti astratti e immagini figurative. La mutevolezza contraddistingue la sua poetica, tanto nell’indagine della pura sostanza pittorica delle opere non figurative dal carattere acquarellato quanto nell’abbozzo di volti e, soprattutto, di corpi. Questi ultimi vengono letti come una materia che muta e viene plasmata in relazione allo spazio della tela. Tutto è un continuo divenire.

 

Benedetta Stablum, Play your role n.2

 

PRESENTAZIONE

-Allora… raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei, quanti anni hai?
Mi chiamo Benedetta, ho vent’anni e vengo da Brescia, nello specifico da Rovato. Da un anno frequento Pittura all’Accademia di Brera a Milano.

 

-Di cosa ti occupi?
Per lo più dipingo, disegno con il corpo e con il segno, a volte sperimento il collage per creare nuove soluzioni compositive. La mia ricerca si basa più sull’attività artistica in se’, che sul prodotto finale. Amo la pittura per il processo creativo che si genera quando inizio a praticarla, l’immagine cambia e si evolve continuamente, controllarla diventa impossibile dall’esterno. Il soggetto che prediligo è il corpo, inteso come sostanza che muta e si auto-genera mentre creo, occupa lo spazio, si adatta e si contorce. Quando perde la sua consistenza la sostanza pittorica diventa protagonista dei miei lavori. Oltre alla pittura a volte dedico del tempo anche alla fotografia e alla creazione video, ma per ora dipingere è l’unica attività di cui non riesco a fare a meno.

 

INTERESSI

-Ti piace la musica? Hai un cantante, gruppo preferito?
Ascoltare la musica per me è un aiuto dall’esterno, essendo già composta, mi basta ingranare la giusta armonia e questa, combaciando con quello che vivo in prima persona, mi aiuta a comprendere ciò che provo. A volte grazie a questo meccanismo, la musica mi precede, spesso mi capita di rendermi conto di quello che sto vivendo solo dopo aver ascoltato il brano giusto. Musicalmente pur andando molto a periodi, i miei migliori ricordi hanno come colonne sonore alcuni cantautori tra cui Guccini, Bob Dylan e Lucio Dalla.

 

-Un film che secondo te tutti dovrebbero vedere?
L’ultimo che mi è rimasto impresso per giorni è stato 8½, forse proprio perché il fulcro della pellicola è il processo creativo del film stesso, che prende forma da solo; il regista non riuscendo a controllarlo, si trova sopraffatto da un progetto più grande di lui.

 

Benedetta Stablum, Play your role n.3-4

 

-Qual è la forma d’arte che preferisci? (da andare a vedere/ a cui assistere: fotografia, pittura, scultura, performance, ecc..) C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto o che sia una fonte d’ispirazione?
Pur essendo più affine alla pittura, in realtà l’arte mi affascina nel complesso, trovo ad esempio molto comunicative la performance o la video-arte. Amo scoprire nuovi artisti e visitare mostre. In questo periodo le mie ispirazioni principali sono: Marlene Dumas, Chantal Akerman, Maya Bloch e Alina Frieske. Si tratta di artiste molto lontane tra loro, con opere estremamente eterogenee, ma mi affascina come nei loro lavori, benché diversi, il corpo venga scomposto e ritrattato, riuscendo ad attrarmi completamente.

 

-C’è un momento della giornata che ti piace particolarmente?
La notte, mi sento a mio agio, sono sola e mi sento libera dal mio stesso giudizio.

 

Benedetta Stablum, Play your role n.7

 

LAVORO

-Come nasce il tuo interesse per la ricerca artistica?
Disegno da sempre, non ricordo di un periodo in cui non l’abbia fatto, anche solo per staccare la testa o per concentrarmi meglio. Credo che il disegno sia per me una costante, l’unica attività di cui, sono certa, non mi stancherò mai. Normalmente mi risulta facile appassionarmi, l’entusiasmo iniziale rende tutto molto affascinante, ma poi diventa più complicato mantenere e coltivare queste passioni; con l’arte non ho mai percepito questo peso del “dovere”, è sempre stato un interesse spontaneo.

 

-Da dove ti è venuta l’idea e come ci sei arrivata\o?
Forse il momento, in cui ho realizzato che l’arte era più di una semplice passione, risale alle scuole medie. In quel periodo frequentavo un corso d’arte, dipingevamo all’aperto e usavamo tecniche che non avevo mai provato, aspettavo con ansia quei pomeriggi. Da questa piccola esperienza ho capito che volevo andare oltre, non riuscivo più a farne a meno, era diventata una priorità. Per questo ho deciso di iscrivermi al Liceo Artistico, dove negli anni la mia passione è maturata e si è evoluta.

 

-Un’emozione che sapresti nominare mentre lavori?
Mi sa che ne nominerò due: curiosità e senso di completezza, il processo artistico nasconde tante soluzioni inaspettate e questa continua scoperta non ti permette di avere in testa altro, ti fa stare bene con ciò che sei in quell’istante.

 

Benedetta Stablum

 

-Che cosa sentivi necessario: fare qualcosa di diverso, oppure andare oltre? Avevi un’idea chiara di quello che bisognava fare?
Penso che, per quanto si creda di poter gestire l’immagine, questa cercherà sempre di sfuggire dalle mani di chi la modella, quelle mani hanno il potere di decidere solo quando aprire e chiudere questo processo.

 

-Prima di cominciare a lavorare hai già chiara l’idea di come sarà il tuo lavoro?
In realtà no, non ho mai un’idea chiara di ciò che realizzerò, quando ho in mente un’immagine definita o traccio una bozza di solito non mi convince e cambio progetto. Penso che, nella maggior parte dei casi, gli schizzi debbano restare tali per essere autentici. Sicuramente i lavori che più mi hanno dato soddisfazione sono quelli in cui non penso, presa dalla necessità, dipingo liberamente per me stessa.

 

-Oppure è quando cominci che hai un’idea di quello che farai?

Solo impressioni o sensazioni, nulla di già definito, rare volte creo bozzetti, piuttosto, quando non ho lo spazio per creare, per bloccare istanti e emozioni, mi capita di scrivere, in modo da dare un ordine e poter rivivere in piccolo quel momento preciso anche a posteriori.

 

Benedetta Stablum, studio

 

-Che ruolo svolgono i titoli per te? E quando li assegni? Di solito i titoli vengono prima o dopo che hai finito il tuo lavoro?
Sinceramente me lo sto ancora chiedendo, trovo affascinate il fatto di non titolare le opere, ma a volte la tentazione è fortissima, mi sento quasi egoista a voler dare un nome a qualcosa che potrebbe averne infiniti. Nel caso attribuisca dei titoli lo faccio sempre a posteriori e li cambio mille volte, la considero la tappa finale del percorso creativo.

 

-Quale sarebbe il loro significato?
Secondo me, il problema sta proprio trovare un titolo che non incaselli l’opera solo in un significato, forse il titolo dovrebbe solo incuriosire e far osservare l’opera in modo sincero. Dipende anche da quanto l’artista voglia influenzare l’opinione dello spettatore e a chi venga rivolta l’opera.

Benedetta Stablum, Rhythms 1 - Impression

 

-Quand’è che senti che un lavoro è finito?
Credo che imparare a sapersi fermare sia uno degli step più difficili, una volta superato il momento fatale non si può tornare indietro. A volte mi capita di accantonare lavori “troppo finiti”, ormai “troppo oltre”. Col tempo sicuramente anche l’occhio auto-critico e la consapevolezza del limite migliorano. Il mio trucchetto, per capire quando un lavoro è concluso, consiste nello staccare lo sguardo da quello che si sta facendo più e più volte in modo da monitorare la situazione dall’esterno. Ultimamente però ho incontrato pareri diversi a riguardo, per questo sto cercando di aprire la mia mente alla prospettiva in cui non bisogna aver paura di rovinare una linea che funziona.

 

-Ti capita di doverti fermare mentre stai lavorando, perché non hai in casa il tipo di pezzo o di materiale che ti serve, e di dover aspettare finché non lo trovi?
Solo quando non lavoro per me stessa, al contrario quando ho bisogno della pittura in modo essenziale e carnale, non è più un problema cosa uso o come lo uso, il mezzo diventa secondario. Invece se si tratta di una commissione o qualcosa di
prestabilito, tendo a scegliere ogni materiale con cura e al meglio.

Benedetta Stablum, Ritratto (Dalila)

 

-Quale lavoro secondo te funziona di più rispetto agli altri?
Sicuramente un lavoro sincero, che nasce da una necessità di espressione e da una forte carica emotiva.

 

-Raccontaci come nasce un tuo lavoro. Parti da un’idea, una sensazione o che altro?
Ogni mio lavoro nasce da una superficie bianca e delle sensazioni inconsce, inizio con un dettaglio, un segno marcato e da questo costruisco tutto ciò che ci gira intorno, la composizione si auto-genera, iniziare è il solo vero problema.

 

-Hai fatto un percorso all’accademia di Belle Arti; come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovata? Immaginiamo che questo percorso ti abbia lasciato qualcosa, degli strumenti di lavoro che utilizzi o delle influenze particolari.
Frequento l’Accademia di Brera, tra poco inizio il secondo anno di Pittura, era il percorso che sognavo e non potrei esserne più entusiasta. L’ambiente accademico è ricco di pensieri, influenze e soprattutto stimoli sempre nuovi, per ora ho avuto il
piacere di testare diversi approcci all’arte, potendo sfruttare al meglio le mie capacità. Questo primo anno ha cambiato completamente il mio modo di pensare, mi son stati forniti gli strumenti per giudicare il mio lavoro, ma allo stesso tempo
approcciarmi senza pregiudizi e aspettative al processo artistico. Questo grazie a persone che hanno saputo ascoltarmi, indirizzarmi e darmi i consigli giusti.

 

Benedetta Stablum, Rhythms 3 - Impression

 

-Qual è il tuo lavoro che finora è stato più apprezzato? E quale quello che tu preferisci?
Penso che in generale il mio lavoro più apprezzato, sia da quello che mi è stato riferito, che per come l’ho realizzato, sia la serie di “Rhythms”, probabilmente perché permette di capire come lavoro nel modo più diretto ed essenziale.

 

INTERAZIONE CON IL MONDO ESTERNO

-I social sono ormai una piattaforma indispensabile per pubblicare i propri lavori ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per ciò che fai?
Sono del parere che i social siano un’ottima piattaforma di lancio per chiunque abbia qualcosa da condividere, per farsi conoscere e trovare opportunità. Personalmente, cerco di gestirli per quanto riesco, ma a volte mi capita che per la
mia incostanza diventino un peso e in questi casi ho bisogno di prendermi dei periodi di pausa. Questa scelta in realtà la vivo molto male, pensando all’opportunità che magari potrei avere e che non sfrutto appieno.

 

Benedetta Stablum, Rhythms 4 - Water

 

-Sei stato a Milano, come ha influito su di te questa città? Il luogo in cui ti trovi ha un’influenza su di te e su ciò che produci?
In realtà ho frequentato poco Milano, avendo trascorso metà dello scorso anno in DAD, devo dire che inizialmente ne ero incuriosita e intimorita allo stesso tempo, mi sentivo sopraffatta, ma anche affascinata dalla sua grandezza e dal suo lusso. Nel secondo semestre, frequentando l’ambiente, ne sono rimasta colpita, mi sono sentita accolta e piena di stimoli. Mi affascinano il progresso e il cambiamento che la contraddistinguono, penso sia ricca di opportunità anche per giovani artisti
emergenti.

 

-Quali sono i tuoi prossimi obbiettivi e progetti?
Immergermi completamente nella pittura con l’equilibrio che avevo trovato questa primavera, darmi la possibilità di sperimentare diverse tecniche artistiche come il video, la fotografia, la scultura e la scenografia. Inoltre, spero di sentirmi sempre appagata dall’arte e riuscire una volta conclusa l’Accademia a trovare una stabilità anche grazie alla pittura.

 

Benedetta Stablum, Rhythms 5 - Water

 

-Quali sono i progetti che non sei ancora riuscito a realizzare?
Trasferirmi a Milano e trovare uno spazio dove poter fisicamente lavorare senza limiti.

 

-Cosa significa per te essere artisti oggi?
Essere “artisti” (definizione enorme, riguardo cui sicuramente cambierò idea altre mille volte), per me in questo momento, significa non accontentarsi, coltivare la curiosità e lasciarsi stupire. Affrontare i propri stati d’animo, essere sinceri con se
stessi e mettersi in discussione penso siano aspetti fondamentali del pensare artistico. Penso che il “fare arte” riguardi anche la condivisione e la necessità di comunicare, di trovare un linguaggio affine con il proprio messaggio.

 

Benedetta Stablum, Rhythms 6 - Water

 

-Infine, ci indicheresti tre giovani artisti che stimi ed ammiri di Milano?
Artisti emergenti che seguo con grande interesse, stimo molto e trovo davvero comunicativi sono sicuramente: Elio Guazzo (@elioguazzo), Sara Fondrini (@sarafondriniarte) e Dana Irene Bordoli (@ptv.dana.art).


Ringraziamo Benedetta per aver risposto alle nostre domande, potere continuare a seguirla dal suo profilo Instagram 

VenticentoArtMagazine http://venticento.altervista.org/