Cristina Lonardoni

La rivalutazione della carta

Cristina Lonardoni è un’artista che ha fatto del disegno il suo medium principale, cercando un equilibrio tra la carta e il segno. Il disegno per lei è una propensione, un richiamo naturale. Attraverso la sperimentazione con materiali come pastelli, carboncini e grafite su supporti cartacei di ogni tipo, concretizza l’auto-ritrarsi e il ritrarre. Il suo fare arte è un modo per conoscersi ed allontanarsi da se stessi, e anche un modo per mostrare una visione poetica sulla realtà.

Cristina Lonardoni - Grattage: autoritratto - grattage su tela sciolta Grattage: autoritratto

PRESENTAZIONE

-Allora… raccontaci un po’ da dove vieni, chi sei, quanti anni hai?

Mi chiamo Cristina Lonardoni, ho ventitré anni. Sono nata e cresciuta in un paesino di provincia, tra la campagna attorno al Ticino ed una grossa strada piena di camion. Mentre ora vivo a Milano da circa un anno.

Cristina Lonardoni - Specchio - tecnica mista su cartaSpecchio

-Di cosa ti occupi?

Mi piace dire che faccio ricerca artistica. Per ora, sono prettamente disegnatrice.

Da quando ho iniziato gli studi d’arte, quattro anni fa, ho soprattutto indagato le potenzialità del segno, attraverso materiali che rispondono direttamente alla pressione della mano (pastelli, carboncini, grafite, pennini scarichi d’inchiostro), preferendo supporti cartacei di ogni tipo, dalla carta velina alla cartapaglia. Mi sono concentrata sull’autoritratto, sempre allo specchio: un volto a cui porre domande senza sosta e senza risposta, dove auto-ritrarsi è sia uno scavare nei propri occhi cercando di conoscersi, sia un allontanarsi da se stessi. Mi affascina anche ritrarre cose e soprattutto persone, sempre e solo dal vero. Nel mio lavoro sento la necessità dell’incontro diretto col soggetto, del maggiore coinvolgimento possibile.

Ora sento che la mia necessità è cambiata, per cui sto cercando di concentrarmi su progetti per così dire meno disegnativi, sempre autobiografici e relativi alla realtà che mi circonda, ma con linguaggi differenti. Ho una grande attesa di vedere dove mi porterà questo intento.

Spesso scrivo. In particolare da un anno, con una certa urgenza.

Cristina Lonardoni - Senza titolo. raccolto - stampa a getto d’inchiostro su carta uso mano Senza titolo. raccolto

INTERESSI

-Ti piace la musica? Hai un cantante, gruppo preferito?

Un tempo suonavo, ho studiato pianoforte in conservatorio. La musica classica è qualcosa di pazzesco. Spesso quando sono sul treno o sui mezzi mi dico “cavolo, se mettessero Schubert, qui, ora, come cambierebbe questo vagone? Il viaggio del pendolare, da mediamente grigio, diventerebbe un qualcosa che ti smuove l’anima?”. Sono cresciuta con mio padre che la domenica mattina metteva un cd di musica classica e mi svegliavo così.

Ora ascolto musica che posso cantare, quando viaggio in auto, quando sono sola. Sono andata a periodi,  in sintesi i punti focali sono stati i Muse, Hozier e Coez. Qua e là altri autori sparsi, cantautori italiani, indie per divertirmi, o grandi voci o testi interessanti. Un mix.

In giro, preferisco sentire i suoni della città o il silenzio della strada vuota.

-Un film che secondo te tutti dovrebbero vedere?

Mi piace guardare film con altri, per poterne discutere poi. Film che abbiano particolari doti di fotografia, regia, performance attoriale, ma non sono esperta di cinema. Ho una lista dei film che sono particolarmente importanti per me, ma non li consiglierei sempre o a chiunque. Penso che ogni persona ed ogni momento abbiano un film diverso che potrebbe essere d’aiuto nella vita, o d’ispirazione.

Mi vengono in mente tre film ora: Hidden life, Detatchment e Dov’è il mio corpo.

-Qual è la forma d’arte che preferisci? (da andare a vedere/ a cui assistere: fotografia, pittura, scultura, performance, ecc..) C’è un artista contemporaneo che consideri assoluto o che sia una fonte d’ispirazione?

Vorrei tenere la mente aperta, mi piace andare a teatro, leggere poesia italiana contemporanea, visitare musei d’arte contemporanea e moderna, mostre o gallerie, cercare di tenermi aggiornata anche se non è facile.

Devo dire che ho un debole per la scultura e l’architettura romaniche, chiostri, capitelli, chiese romaniche semplici e austere, dove tutto è giocato sulla pietra e sulla luce di poche aperture.

Nel contemporaneo, sono poco ferrata in performance, mentre sono più attratta da autori visivi che installano opere a pavimento o a parete, che utilizzano materiali diversi combinandoli: fotografia, cera, marmo, gesso, grafica d’arte. I lavori su carta hanno forse per me il primo posto d’interesse.

Tra i contemporanei, per il mio gusto personale citerei William Kentridge, Wolfgang Laib, Sally Mann; Luciano Bartolini, Ettore Spalletti, Maria Lai. Anche i maestri di segno incisorio come Lucian Freud o Leoncillo.

Nelle liste che faccio continuamente, dato che non ho memoria, segno anche gli artisti da approfondire, ed ora ho Franco Guerzoni, Gregorio Botta, Elisabetta Gut e Luisa Lambri.

-C’è un momento della giornata che ti piace particolarmente?

Adoro la golden hour. In estate, il pomeriggio tardo, il tepore, la luce aranciata, le ombre lunghe e azzurrate, i campi che diventano d’oro. Col sole basso e il gusto malinconico della giornata che finisce.

LAVORO

-Come nasce il tuo interesse per la ricerca artistica?

Disegnare mi veniva naturale. Fin dalle medie avevo deciso che avrei studiato a Brera. Per “incidenti di percorso”, che però fanno di me quella che sono, sono passata prima per il Liceo Classico e nel mentre per il Conservatorio. Decidere dopo la maturità di tentare l’ammissione a Brera è stata la scelta migliore della mia vita. Quando sono entrata mi sono sentita a casa più che mai, ed ho iniziato a scoprire il vero mondo dell’arte contemporanea (insomma, seconda metà del Novecento e giorni nostri). Solo in Accademia si è concretizzato il mio interesse, che prima era lontano e in attesa.

Direi che il disegno era un’attitudine e un richiamo naturale, e da lì è nato l’interesse per l’arte contemporanea.

Cristina Lonardoni - Monotipo 2: autoritratto - monotipo su cartapaglia Monotipo 2: autoritratto

-Da dove ti è venuta l’idea e come ci sei arrivata\o?

Non riesco nemmeno a ricordarlo, il che mi fa sorridere, essendo stata una mia decisione di ormai 12 anni fa!

Sicuramente, il totale appoggio dei miei genitori nell’intraprendere lo studio che desideravo dopo il liceo è stato determinante. Ed anche la fatica che ho fatto in un mondo che sentivo soffocante, durante il liceo, nonostante i buoni risultati. Avevo sempre la sensazione di essere fuori posto, fino a quando ho iniziato a frequentare l’Accademia.

-Un’emozione che sapresti nominare mentre lavori?

Raccoglimento, concentrazione. Non esiste nient’altro mentre lavoro; io non esisto per nessuno.

Cristina Lonardoni - Mare - pastello su carta Mare

-Che cosa sentivi necessario: fare qualcosa di diverso, oppure andare oltre? Avevi un’idea chiara di quello che bisognava fare?

Pensavo che avrei fatto la pittrice. Quanto di più lontano dalla realtà! La tela non è la mia, la pittura non è il mio medium. Questa è una delle poche cose che so sulla mia condizione di ora. Pensavo ai grandi maestri di inizio Novecento, semplicemente perché non conoscevo tutto ciò che esiste di attuale. Pensavo di voler imparare in modo accademico tutte le tecniche, prima di poter fare qualcosa di mio; invece, ho scoperto che non sempre funziona così.

Lavorando in Accademia, ho sviluppato un forte desiderio di far rivalutare la carta, i lavori su carta, il disegno: nell’Accademia stessa ho incontrato continue difficoltà, continui richiami ad usare la tela.

Adesso ho anche altre idee per la testa, non solo il semplice “voglio disegnare”, ma un lavoro più consapevole, dove protagonista dev’essere il reale. Vorrei partire dai dati ambientali più semplici, ovvero quelli autobiografici, per suggerire uno sguardo poetico sulla realtà, che è poi l’intento che sta anche nei miei disegni.

-Prima di cominciare a lavorare hai già chiara l’idea di come sarà il tuo lavoro? Oppure è quando cominci che hai un’idea di quello che farai?

Quando lavoro ritraendo, disegnando, non ho idea di come sarà il lavoro, voglio che sia la realtà a dettare, suggerire, i tratti, l’intensità e la durezza del segno. Di solito il lavoro finito mi stupisce. Se non mi stupisce, sento di aver in qualche modo tradito il soggetto: dev’essere il soggetto a parlare dal foglio, cerco di evitare di fare un lavoro semplicemente illustrativo.

Quando invece inizio quelli che chiamerei progetti, ho un’idea vaga che piano piano si dipana, è il caso di alcuni libri d’artista. Spesso questi progetti nascono da un inconveniente, da un imprevisto. Bisogna sempre essere attenti a cogliere le suggestioni e gli ammiccamenti del reale, e vedere se prendono la forma di un lavoro. Anche pronti a lasciar perdere, o lasciar maturare.

-Che ruolo svolgono i titoli per te? E quando li assegni? Di solito i titoli vengono prima o dopo che hai finito il tuo lavoro?

I titoli non hanno molto valore nei miei lavori più grafici (disegni, stampe, inchiostri). Mentre per lavori più elaborati, per i “progetti”, hanno un’importanza poetico-evocativa.

-Quand’è che senti che un lavoro è finito?

Quando visivamente c’è equilibrio tra il silenzio della carta vuota e tra i segni. Dev’esserci un senso estetico, non saprei come dire.

Cristina Lonardoni - San Sebastiano - pastello nero e inchiostro su carta velina San Sebastiano

-Ti capita di doverti fermare mentre stai lavorando, perché non hai in casa il tipo di pezzo o di materiale che ti serve, e di dover aspettare finché non lo trovi?

Per il disegno ho sempre tutto: spargo per terra tutto ciò che mi può servire, perché lavoro seduta a terra, cercando di non dovermi mai interrompere. Non posso assolutamente non finire un disegno: il mio stile è piuttosto veloce e intenso. Anche per i lavori più grandi (ad esempio cartoni vegetali a tecnica mista di cm 100×70) insisto per tutto il giorno, con molto fastidio interrompo per mangiare. Lavoro fino a notte inoltrata.

Invece nei progetti è diverso, mi capita che mi serva qualcosa che non ho, molto spesso non so bene dove mi porterà la testa e cosa mi chiederà di usare. È piuttosto fastidioso, ma a volte può essere stimolante andare a comprare delle cose, lasciarsi ispirare dai materiali (buste, chiodi, fogli di un certo colore, spago…) prima di iniziare. Anche se poi in realtà te ne servono tutt’altri e quelli non li userai.

-Quale lavoro secondo te funziona di più rispetto agli altri?

Un lavoro che sia intimo, che sia evocativo, ma mai esplicito, mai chiuso. Poetico.

-Hai fatto un percorso all’accademia di Belle Arti; come descriveresti questo viaggio, come ti sei trovata? Immaginiamo che questo percorso ti abbia lasciato qualcosa, degli strumenti di lavoro che utilizzi o delle influenze particolari.

Mi ha aiutato a diventare un po’ di più me stessa. C’è una grande aria di libertà e sperimentazione, e si può trovare un’ottima compagnia di cammino. Nel triennio il piano di studi è molto libero, per cui si può scegliere tra le materie e tra i docenti come impostare un proprio percorso. Il confronto con le persone che ho conosciuto al triennio, amici e non, è stato per me essenziale e davvero interessante. L’incontro con altri ragazzi che ricercano nell’arte ed anche l’incontro con alcuni docenti è stato particolarmente prezioso, per arrivare a cose che da sola non avrei capito o conosciuto. Ci sono purtroppo grossi problemi di gestione, dell’organizzazione, dei servizi, degli spazi, questo non si può e non si deve nascondere.

Tra le grandi occasioni di studio che mi ha dato, ho amato i laboratori di incisione e la possibilità di stampare. Anche la possibilità di ritrarre modelli dal vero, alle lezioni di anatomia artistica, un’emozione indescrivibile per chi ama ritrarre.

-Qual è il tuo lavoro che finora è stato più apprezzato? E quale quello che tu preferisci?

Credo che il lavoro che è stato più apprezzato da chi lavora e studia in ambito artistico sia il primo libro d’artista che ho realizzato. Anche se finora, essendo un lavoro che ritengo molto intimo, l’ho mostrato in poche occasioni e a poche persone. Vorrei continuare una ricerca in questo senso. In generale, gli amici e i docenti hanno riconosciuto – ed io concordo – che il mio punto forte è il segno. Infatti altri lavori che sono stati più apprezzati di altri e a cui io stessa tengo in modo particolare sono due puntesecche. Insomma, non sono una colorista, per esempio, i lavori che funzionano meglio nel mio caso sono quelli più scarni, incisivi.

Cristina Lonardoni - Puntasecca 1: senza titolo - 2019 - puntasecca - cm 17,5×12 Puntasecca 1

INTERAZIONE CON IL MONDO ESTERNO

Cristina Lonardoni - Cardi - tecnica mista su carta Cardi

-I social sono ormai una piattaforma indispensabile per pubblicare i propri lavori ed essere conosciuti; tu come vivi questa dimensione, e soprattutto, quanto la reputi importante per ciò che fai?

Fatico molto a pubblicare i lavori apertamente sui social, non per timidezza ma più per una sorta di gelosia, credo. E non amo l’idea che possano comparire in bacheca accanto a post di tutt’altro tipo e ambito. Forse mi piace l’idea di un lavoro di nicchia.

Comunque, uso tanto Instagram, ma con un profilo molto personale; su Instagram si trovano cose molto interessanti anche in termini artistici. Ad esempio, pagine di gallerie molto fighe, collettivi, magazine, eccetera. Avevo raso al suolo il profilo dei lavori qualche mese fa per riprogettarlo in maniera diversa, più misurata, ci sto lavorando, perché mio malgrado so che può essere utile.

-Quali sono i tuoi prossimi obbiettivi e progetti?

Vorrei imparare nuove tecniche nell’ambito della Grafica d’arte contemporanea, mi affascina moltissimo. Ed anche rimettermi al lavoro al torchio e all’incisione. Ho bisogno di studiare molto e di incontrare altri studenti, di riprendere il confronto che si è interrotto con il Covid. Mi piacerebbe organizzare una collettiva con degli amici.

-Cosa significa per te essere artisti oggi?

Per me il nucleo che potrebbe rendere artisti oggi è lo stesso di cinquecento anni fa, o cento, eccetera.

È regalare uno sguardo sul mondo, un’interpretazione. È essere una voce che canta il mondo, che vive a fondo, e che noi (fruitori) possiamo ascoltare e così leggere meglio il mondo in cui viviamo.

-Infine, ci indicheresti tre giovani artisti che stimi ed ammiri di Milano?

Tra i giovani con lavori più compiuti e definiti del mio, anche se l’artista è sempre in evoluzione, vorrei citare Meruyert Temirbekova, Zhang Haijiayi e il mio amico Francesco Gianatti. Poi vorrei citare anche la ricerca di un’altra mia stretta amica, Anna Zilioli.


Ringraziamo Cristina Lonardoni per aver risposto alle nostre domande, potete continuare a seguirla sul suo profilo Instagram, oppure consultate il suo sito personale.

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